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Nottola di Minerva o gufo anti-sfiga? La Scolastica, nel suo bagaglio, se li porta entrambi.

venerdì 25 luglio 2014

La scuola e i libri per le vacanze

I pedagogisti sono scettici di fronte ai compiti per le vacanze. I genitori  si dividono equamente fra chi li richiede con perentorietà (quasi a cercare per i propri figli un'occupazione che li tenga impegnati quanto più a lungo possibile) e chi li demonizza in quanto causa di pessime vacanze e vincoli anche per gli adulti. 
Meglio allora una lista di libri: è più indolore. Perché un libro si può portare sotto l'ombrellone, non intralcia il relax del parentado e assicura al pargolo la sua buona dose di dovere quotidiano: insomma, una medicina da prescrivere. Pratica perché si somministra solo all'ammalato e non a tutta la sua famiglia. Efficace....? Dipende.
Le letture per le vacanze sembrano mettere d'accordo pedagogisti, insegnanti, genitori. 
Non così Paolo di Paolo (scrittore giornalista e critico letterario) su la Stampa col suo articolo "I libri per le vacanze. Come imparare a odiare i classici". 
Secondo il giornalista, assegnare classici per l'estate spingerebbe i ragazzi a odiarli, così si ricava anche nel titolo. Imporre la lettura come un dovere è un pessimo servizio che la scuola rende ai libri: in questo modo, infatti, si brucerebbero sul nascere tanti potenziali lettori spontanei. Insomma, la scuola qualunque cosa faccia, la fa sbagliando. 
Il canone ristretto che noi professori proponiamo sarebbe, inoltre, causa di quella patina grigiastra che si è depositata su alcuni romanzi di Calvino (la trilogia degli antenati, per esempio) o di Primo Levi (Se questo è un uomo, La tregua), assegnati frettolosamente e senza una spiegazione forte che faccia comprendere agli alunni quanto grandi (e perché) siano i classici. Di qui la necessità di rinnovare il canone e di avvicinare i ragazzi alla lettura di quelle opere soltanto DOPO aver spiegato il perché non se ne possa fare a meno. Lasciare intravedere la bellezza, la grandezza, senza rivelarla del tutto. Fornire una chiave di lettura, nella speranza che essi ne trovino altre e, magari, personali. 
Io, però, non demonizzo la scuola e le sue liste. 
Forse sono stata un'alunna fortunata. Nessuno dei miei insegnanti mi ha fatto odiare le lettura. E le liste di libri da acquistare sono state la mia prima grande occasione per spiccare il salto di qualità, dalle letture commerciali a quelle senza tempo. Potrei assegnare una lista per ogni estate e scandire con un pizzico di nostalgia la mia maturazione di lettrice.
Oggi, da prof/lettrice, alle mie liste di libri sulla lavagna non rinuncio. 
Certo, rinuncio all'assegnazione di riassunti e di esercizi di comprensione. 
Incentivo la sottolineatura selvaggia, la riscrittura di certi passaggi, l'uso della fantasia. 
E allargo il canone, ovviamente. 
Porto agli alunni la mia storia di lettrice e mi aspetto da loro che facciano lo stesso. 
Intrecciare le esperienze di lettura è l'unica didattica del libro che conosco, e funziona.



Molte scuole fanno grandi cose con i libri e i progetti lettura, non nascondiamolo!





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