La
creatività si può insegnare? Di certo non la si deve mortificare.
La Scolastica vi racconta, oggi, un'attività prodottasi in maniera del tutto estemporanea nel corso di tre ore di Italiano (Secondaria di Primo Grado) dedicate alla poesia.
Dopo
una scorpacciata di filastrocche introduttive, per evitare l'indigestione di rime baciate e onomatopee e frizzi e lazzi e burle (non proprio nelle mie corde!) ho pensato
di guidare gli alunni alla composizione di una poesia senza rime.
- Ha senso una poesia di gruppo? -Sì, è l'anima della nostra classe, un afflato corale. |
La scrittura creativa: l’officina della
poesia.
Un’attività
didattica particolarmente avvincente, condotta sul finire di quest’anno
scolastico, è stata l’elaborazione di una poesia a più mani, in una prima media
- non ci offendiamo, vero, se la chiamiamo ancora scuola media?- con l’obiettivo di stimolare negli alunni la
fantasia, la capacità espressiva, la curiosità per la lettura, focalizzando
l’attenzione sulla funzione poetica della lingua. Sono state impiegate tre ore curricolari: una
per la lettura espressiva di un testo d’autore, una per la stesura
individuale di un componimento che costituisse una sorta di riscrittura
di quello di partenza, una per la scrittura collettiva di una poesia nata dalle
proposte di ciascuno.
·
Prima fase: lettura
della poesia “Le cose che fanno la domenica” di Corrado Govoni proposta dal
libro di Antologia in adozione.
Le cose che fanno la domenica
L’odore caldo del pane che si cuoce
dentro il forno.
Il canto del gallo nel pollaio.
Il gorgheggio dei canarini alle finestre.
L’urto dei secchi contro il pozzo e il cigolìo della puleggia.
La biancheria distesa nel prato.
Il sole sulle soglie.
La tovaglia nuova nella tavola.
Gli specchi nelle camere.
I fiori nei bicchieri.
Il girovago che fa piangere la sua armonica.
Il grido dello spazzacamino.
L’elemosina.
La neve.
Il canale gelato.
Il suono delle campane.
Le donne vestite di nero.
Le comunicanti.
Il suono bianco e nero del pianoforte.
Le suore bianche bendate come ferite.
I preti neri.
I ricoverati grigi.
L’azzurro del cielo sereno.
Le passeggiate degli amanti.
Le passeggiate dei malati.
Lo stormire degli alberi.
I gatti bianchi contro i vetri.
Il prillare delle rosse ventarole.
Lo sbattere delle finestre e delle porte.
Le bucce d’oro degli aranci sul selciato.
I bambini che giuocano nei viali al cerchio.
Le fontane aperte nei giardini.
Gli aquiloni librati sulle case.
I soldati che fanno la manovra azzurra.
I cavalli che scalpitano sulle pietre.
Le fanciulle che vendono le viole.
Il pavone che apre la ruota sopra la scalèa rossa.
Le colombe che tubano sul tetto.
I mandorli fioriti nel convento.
Gli oleandri rosei nei vestibuli.
Le tendine bianche che si muovono al vento.
Il canto del gallo nel pollaio.
Il gorgheggio dei canarini alle finestre.
L’urto dei secchi contro il pozzo e il cigolìo della puleggia.
La biancheria distesa nel prato.
Il sole sulle soglie.
La tovaglia nuova nella tavola.
Gli specchi nelle camere.
I fiori nei bicchieri.
Il girovago che fa piangere la sua armonica.
Il grido dello spazzacamino.
L’elemosina.
La neve.
Il canale gelato.
Il suono delle campane.
Le donne vestite di nero.
Le comunicanti.
Il suono bianco e nero del pianoforte.
Le suore bianche bendate come ferite.
I preti neri.
I ricoverati grigi.
L’azzurro del cielo sereno.
Le passeggiate degli amanti.
Le passeggiate dei malati.
Lo stormire degli alberi.
I gatti bianchi contro i vetri.
Il prillare delle rosse ventarole.
Lo sbattere delle finestre e delle porte.
Le bucce d’oro degli aranci sul selciato.
I bambini che giuocano nei viali al cerchio.
Le fontane aperte nei giardini.
Gli aquiloni librati sulle case.
I soldati che fanno la manovra azzurra.
I cavalli che scalpitano sulle pietre.
Le fanciulle che vendono le viole.
Il pavone che apre la ruota sopra la scalèa rossa.
Le colombe che tubano sul tetto.
I mandorli fioriti nel convento.
Gli oleandri rosei nei vestibuli.
Le tendine bianche che si muovono al vento.
Il
componimento è un esempio di poesia semplice, organizzata come un inventario di
cose e percezioni, con versi liberi e immagini tratte dall'esperienza
quotidiana impreziosite da metafore più ricercate. Il lessico è quasi sempre
adeguato al lessico medio degli alunni, con l'eccezione di alcuni vocaboli (scalea, vestibuli, ecc) che,
tuttavia, sono chiariti in nota o a cui può rimediare il dizionario vivente - l’insegnante.
La
prima lettura è stata assegnata a un alunno con difficoltà nell’esecuzione del
compito. La seconda, a un altro alunno con carenze dello stesso tipo, dovute però soprattutto alla timidezza. Quindi ci
siamo fermati a riflettere sulla struttura del testo: una giustapposizione di
frasi spesso solo nominali, di sequenze sostantivo
+aggettivo o sostantivo +
proposizione relativa breve o
sotantivo+aggettivo+ specificazione (o determinazione di luogo). Poi ho
richiamato l’attenzione sulla metrica, del tutto libera, sui suoni, invitando i
ragazzi a individuare suoni ricorrenti (gli
olenadri rosei nei vestibuli) e a evidenziarli con matite colorate.
Attenzione: questa ricerca servirà poi, per favorire la lettura espressiva!
In
ultimo, ho domandato agli alunni di individuare tra le immagini proposte quelle
che si avvicinavano alla rappresentazione della propria domenica, al proprio
vissuto, reputando fondamentale confrontare un testo con l’esperienza di
ciascuno in un’ottica interpretativa di attualizzazione. Dare senso al testo è
un’operazione di necessario avvicinamento a sé, teso a superare barriere cronologiche, culturali, lessicali: lavoriamo perché la classe diventi davvero una comunità ermeneutica, per dirla come Luperini! Molte immagini domenicali erano
comuni a tutti (la tovaglia nuova sulla tavola, il suono delle campane…) sebbene
non scontate, altre solo a pochi, altre a nessuno, segno che la poesia ci
portava indietro nel tempo o ci metteva di fronte a sentimenti, osservazioni,
percezioni più “difficili”, perlomeno nell’espressione.
Quando
ho ritenuto la classe matura per una lettura espressiva, ho sbriciolato il
testo assegnando a ogni alunno la lettura di un verso. La lettura doveva
procedere mantenendo un ritmo sostenuto e l’alternanza di voci dei diversi
alunni. La prima prova: un disastro. O meglio la cantilena delle litanie, come
gli stessi ragazzi hanno notato ridacchiando: “E che è, il rosario??”. Questo
avrei dovuto dirlo io, ma ho preferito dar loro fiducia. Il tono era monotono,
le voci spesso soffocate dalla timidezza o in ritardo con gli attacchi: c’era bisogno di indicazioni più precise! Ho chiesto a ciascuno di
interpretare il proprio verso
caricando la voce, deformandola, se necessario, dove si individuavano suoni
ricorrenti (so che si chiamano allitterazioni, ma i miei alunni ancora no)
sussurrando, bisbigliando, cantando, utilizzando cioè tutta la gamma enfatica a
disposizione. Esempio: innalzare il tono della voce in presenza delle I - e un alunno, con la sua vocina ancora infantile, mi ha preso alla lettera
producendo ultrasuoni. Povere corde vocali! Rendere le O roboanti come tuoni.
Le R vibranti, le N e le M quasi cantate. E così via.
Dopo
altri due tentativi (uno sporcato dalle risate, il secondo con più
concentrazione) il mosaico di voci ha prodotto una performance da pelle d’oca.
In particolare, si sono distinti alcuni alunni, F.S., S.L. e C.C., capaci di
concentrarsi e non solo di adattare le sfumature della voce al contenuto del
testo, ma anche al ritmo d’insieme, al tono generale della lettura. La
campanella è suonata e c’era molta delusione in giro. Avevano adocchiato altre
poesie e pretendevano di leggerle con la stessa tecnica.
Questa
prima fase si può espandere e migliorare aggiungendo rumori e suoni prodotti
con strumenti improvvisati o facili da reperire .
·
Seconda fase: ai
ragazzi è stato chiesto di riscrivere la poesia, rispettandone lo schema, ma
modificandone il tema. Tre le opzioni: “ Le cose che fanno la festa”, “Le cose
che fanno il mare” “Le cose che fanno l’amicizia”. L’esperienza della
riscrittura ha dietro di sé già una corposa letteratura. Oltre che recentissime
esperienze sul web, pensate proprio a fini didattici (TwSposi, per esempio, la
riscrittura dei Promessi Sposi su Twitter). La ricaduta didattica è buona in termini di coinvolgimento emotivo e partecipazione.
Sulla
base degli esiti, la classe si poteva suddividere in tre fasce: un gruppo numeroso
che ha rispettato la consegna scrivendo elaborati creativi oltre che corretti;
un altro, più piccolo, che ha scritto una poesia sul tema dato, ma non si è
attenuto allo schema fisso; tre alunni che non sono riusciti a scrivere in
autonomia e che hanno richiesto il sostegno dell’insegnante. Letti e
corretti tutti i lavori, è emerso che predominava il tema del mare e che tutti
gli elaborati, compresi quelli molto buoni, presentavano le stesse immagini
(onde, conchiglie, ombrelloni, sabbia) e un’aggettivazione ricorrente.
Lo step successivo sarebbe stato tutto rivolto all’arricchimento lessicale e alla ricerca di un potenziamento espressivo della lingua utilizzata. Praticamente, avrei portato gli alunni a misurare lo scarto tra la lingua standard, propria della comunicazione ordinaria, e quella poetica, concetti studiati sul libro di testo ma bisognosi di una ricaduta esperienziale per essere davvero appresi.
Lo step successivo sarebbe stato tutto rivolto all’arricchimento lessicale e alla ricerca di un potenziamento espressivo della lingua utilizzata. Praticamente, avrei portato gli alunni a misurare lo scarto tra la lingua standard, propria della comunicazione ordinaria, e quella poetica, concetti studiati sul libro di testo ma bisognosi di una ricaduta esperienziale per essere davvero appresi.
·
Terza fase: ho
scelto, come punto di partenza, la poesia sul mare di A. S., un componimento
corretto nella struttura, ma estremamente semplice nella scelta lessicale e
nella ricerca delle immagini. Ne ho scritto il primo verso alla lavagna
invitando tutti gli alunni a fare lo stesso sul quaderno: il mare blu. Ho proposto ai ragazzi di cercare sinonimi e iponimi
del mare, sinonimi di blu e una similitudine per arricchire l’espressione.
Sette o otto le proposte, di qualità e originalità diversa. Ho assegnato a M.V.C.
il compito di segnare sul foglio le varie proposte che sarebbero state poi messe
ai voti fra i compagni, in modo da accogliere nella poesia in fieri solo la frase che più ci convinceva.
Risultato:
“ le onde azzurre come gli occhi del
cielo”, su idea di A. F., un alunno solitamente timido, con qualche
difficoltà nella lettura, che, di fatto, si sarebbe rivelato il poeta preferito
dai compagni, capace di originalità e chiarezza oltre che di una propensione
all’astratto (es. “l’immenso”, “profumo di libertà”).
Nella
votazione il parere dell’insegnante era dato alla fine, per non influenzare la
classe, e valeva doppio essendo un punto di vista “esperto”. In fase di
proposta però, mi riservavo anche di scartare quelle frasi scorrette
sintatticamente o logicamente (es. la
salsedine che vola fino alle nuvole) e di proporre cambiamenti nella scelta
di un lemma se questo era stato già usato in un verso precedente. Indicazione, quest’ultima, che è stata immediatamente fatta propria dagli alunni i quali, da un
certo momento in poi, autonomamente riuscivano a correggere i compagni in presenza di una
ripetizione. L’esercizio è stato una buona palestra per mettere in
funzione il vocabolario passivo, per tirare fuori dalla mente parole troppo
pigre e perciò poco utilizzate.
Verso
dopo verso, votazione dopo votazione è nato “Mare Nostrum”, il nome che A. F.
ha proposto come alternativa al più prosaico “Il mare secondo la I F ”, spiazzando tutti, me per
prima. Il titolo, che non tutti gli alunni comprendevano, è stato poi spiegato
dallo stesso compagno e quindi accettato dalla maggioranza. Nonostante alcune ridondanze
concettuali e la ripetizione senza variazioni dello schema “sostantivo + relativa”, l’esito
complessivo può ritenersi più buono. Votare le proposte dei singoli alunni
ha introdotto una pratica democratica in un contesto inconsueto e ha spinto
ogni alunno a sforzarsi di migliorare la proposta in modo da farla risultare
vincente.
In
futuro, si lavorerà sulla variazione dello schema poetico di partenza. Si
cercherà una poesia con una struttura più complessa da smontare e rimontare.
Perché se è vero che per scrivere ci vuole l’ispirazione, è ancor più vero che la Musa ci fa marameo se non
sappiamo giocare con le parole, se non sappiamo dove pescarle, come selezionarle,
incastrarle, scomporle, amplificarle, smorzarle, variarle, strizzarle… amarle.
Maggio era maturo e da più parti si cominciava a sentire un impellente bisogno d'estate |
Nessun commento:
Posta un commento