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Nottola di Minerva o gufo anti-sfiga? La Scolastica, nel suo bagaglio, se li porta entrambi.

sabato 28 giugno 2014

L'officina delle poesie

La creatività si può insegnare? Di certo non la si deve mortificare.
La Scolastica vi racconta, oggi, un'attività prodottasi in maniera del tutto estemporanea nel corso di tre ore di Italiano (Secondaria di Primo Grado) dedicate alla poesia. 
Dopo una scorpacciata di filastrocche introduttive, per evitare l'indigestione di rime baciate e onomatopee e frizzi e lazzi e burle (non proprio nelle mie corde!) ho pensato di guidare gli alunni alla composizione di una poesia senza rime. 

- Ha senso una poesia di gruppo?

-Sì, è l'anima della nostra classe, un afflato corale.
La scrittura creativa: l’officina della poesia.
Un’attività didattica particolarmente avvincente, condotta sul finire di quest’anno scolastico, è stata l’elaborazione di una poesia a più mani, in una prima media - non ci offendiamo, vero, se la chiamiamo ancora scuola media?-  con l’obiettivo di stimolare negli alunni la fantasia, la capacità espressiva, la curiosità per la lettura, focalizzando l’attenzione sulla funzione poetica della lingua. Sono state impiegate tre ore curricolari: una per la lettura espressiva di un testo d’autore, una per la stesura individuale di un componimento che costituisse una sorta di riscrittura di quello di partenza, una per la scrittura collettiva di una poesia nata dalle proposte di ciascuno.

·        Prima fase:  lettura della poesia “Le cose che fanno la domenica” di Corrado Govoni proposta dal libro di Antologia in adozione.

Le cose che fanno la domenica

L’odore caldo del pane che si cuoce dentro il forno.
Il canto del gallo nel pollaio.
Il gorgheggio dei canarini alle finestre.
L’urto dei secchi contro il pozzo e il cigolìo della puleggia.
La biancheria distesa nel prato.
Il sole sulle soglie.
La tovaglia nuova nella tavola.
Gli specchi nelle camere.
I fiori nei bicchieri.
Il girovago che fa piangere la sua armonica.
Il grido dello spazzacamino.
L’elemosina.
La neve.
Il canale gelato.
Il suono delle campane.
Le donne vestite di nero.
Le comunicanti.
Il suono bianco e nero del pianoforte.
Le suore bianche bendate come ferite.
I preti neri.
I ricoverati grigi.
L’azzurro del cielo sereno.
Le passeggiate degli amanti.
Le passeggiate dei malati.
Lo stormire degli alberi.
I gatti bianchi contro i vetri.
Il prillare delle rosse ventarole.
Lo sbattere delle finestre e delle porte.
Le bucce d’oro degli aranci sul selciato.
I bambini che giuocano nei viali al cerchio.
Le fontane aperte nei giardini.
Gli aquiloni librati sulle case.
I soldati che fanno la manovra azzurra.
I cavalli che scalpitano sulle pietre.
Le fanciulle che vendono le viole.
Il pavone che apre la ruota sopra la scalèa rossa.
Le colombe che tubano sul tetto.
I mandorli fioriti nel convento.
Gli oleandri rosei nei vestibuli.
Le tendine bianche che si muovono al vento.

Il componimento è un esempio di poesia semplice, organizzata come un inventario di cose e percezioni, con versi liberi e immagini tratte dall'esperienza quotidiana impreziosite da metafore più ricercate. Il lessico è quasi sempre adeguato al lessico medio degli alunni, con l'eccezione di alcuni vocaboli (scalea, vestibuli, ecc) che, tuttavia, sono chiariti in nota o a cui può rimediare il dizionario vivente -  l’insegnante.
La prima lettura è stata assegnata a un alunno con difficoltà nell’esecuzione del compito. La seconda, a un altro alunno con carenze dello stesso tipo, dovute però soprattutto alla timidezza. Quindi ci siamo fermati a riflettere sulla struttura del testo: una giustapposizione di frasi spesso solo nominali, di sequenze sostantivo +aggettivo o sostantivo + proposizione relativa breve o sotantivo+aggettivo+ specificazione (o determinazione di luogo). Poi ho richiamato l’attenzione sulla metrica, del tutto libera, sui suoni, invitando i ragazzi a individuare suoni ricorrenti (gli olenadri rosei nei vestibuli) e a evidenziarli con matite colorate. Attenzione: questa ricerca servirà poi, per favorire la lettura espressiva!
In ultimo, ho domandato agli alunni di individuare tra le immagini proposte quelle che si avvicinavano alla rappresentazione della propria domenica, al proprio vissuto, reputando fondamentale confrontare un testo con l’esperienza di ciascuno in un’ottica interpretativa di attualizzazione. Dare senso al testo è un’operazione di necessario avvicinamento a sé, teso a superare barriere cronologiche, culturali, lessicali: lavoriamo perché la classe diventi davvero una comunità ermeneutica, per dirla come Luperini! Molte immagini domenicali erano comuni a tutti (la tovaglia nuova sulla tavola, il suono delle campane…) sebbene non scontate, altre solo a pochi, altre a nessuno, segno che la poesia ci portava indietro nel tempo o ci metteva di fronte a sentimenti, osservazioni, percezioni più “difficili”, perlomeno nell’espressione.
Quando ho ritenuto la classe matura per una lettura espressiva, ho sbriciolato il testo assegnando a ogni alunno la lettura di un verso. La lettura doveva procedere mantenendo un ritmo sostenuto e l’alternanza di voci dei diversi alunni. La prima prova: un disastro. O meglio la cantilena delle litanie, come gli stessi ragazzi hanno notato ridacchiando: “E che è, il rosario??”. Questo avrei dovuto dirlo io, ma ho preferito dar loro fiducia. Il tono era monotono, le voci spesso soffocate dalla timidezza o in ritardo con gli attacchi: c’era bisogno di indicazioni più precise! Ho chiesto a ciascuno di interpretare il proprio verso caricando la voce, deformandola, se necessario, dove si individuavano suoni ricorrenti (so che si chiamano allitterazioni, ma i miei alunni ancora no) sussurrando, bisbigliando, cantando, utilizzando cioè tutta la gamma enfatica a disposizione. Esempio: innalzare il tono della voce in presenza delle I - e un alunno, con la sua vocina ancora infantile, mi ha preso alla lettera producendo ultrasuoni. Povere corde vocali! Rendere le O roboanti come tuoni. Le R vibranti, le N e le M quasi cantate. E così via.
Dopo altri due tentativi (uno sporcato dalle risate, il secondo con più concentrazione) il mosaico di voci ha prodotto una performance da pelle d’oca. In particolare, si sono distinti alcuni alunni, F.S., S.L. e C.C., capaci di concentrarsi e non solo di adattare le sfumature della voce al contenuto del testo, ma anche al ritmo d’insieme, al tono generale della lettura. La campanella è suonata e c’era molta delusione in giro. Avevano adocchiato altre poesie e pretendevano di leggerle con la stessa tecnica.
Questa prima fase si può espandere e migliorare aggiungendo rumori e suoni prodotti con strumenti improvvisati o facili da reperire .

·        Seconda fase:  ai ragazzi è stato chiesto di riscrivere la poesia, rispettandone lo schema, ma modificandone il tema. Tre le opzioni: “ Le cose che fanno la festa”, “Le cose che fanno il mare” “Le cose che fanno l’amicizia”. L’esperienza della riscrittura ha dietro di sé già una corposa letteratura. Oltre che recentissime esperienze sul web, pensate proprio a fini didattici (TwSposi, per esempio, la riscrittura dei Promessi Sposi su Twitter). La ricaduta didattica è buona in termini di coinvolgimento emotivo e partecipazione.
Sulla base degli esiti, la classe si poteva suddividere in tre fasce: un gruppo numeroso che ha rispettato la consegna scrivendo elaborati creativi oltre che corretti; un altro, più piccolo, che ha scritto una poesia sul tema dato, ma non si è attenuto allo schema fisso; tre alunni che non sono riusciti a scrivere in autonomia e che hanno richiesto il sostegno dell’insegnante. Letti e corretti tutti i lavori, è emerso che predominava il tema del mare e che tutti gli elaborati, compresi quelli molto buoni, presentavano le stesse immagini (onde, conchiglie, ombrelloni, sabbia) e un’aggettivazione ricorrente. 
Lo step successivo sarebbe stato tutto rivolto all’arricchimento lessicale e alla ricerca di un potenziamento espressivo della lingua utilizzata. Praticamente, avrei portato gli alunni a misurare lo scarto tra la lingua standard, propria della comunicazione ordinaria, e quella poetica, concetti studiati sul libro di testo ma bisognosi di una ricaduta esperienziale per essere davvero appresi.

·        Terza fase:  ho scelto, come punto di partenza, la poesia sul mare di A. S., un componimento corretto nella struttura, ma estremamente semplice nella scelta lessicale e nella ricerca delle immagini. Ne ho scritto il primo verso alla lavagna invitando tutti gli alunni a fare lo stesso sul quaderno: il mare blu. Ho proposto ai ragazzi di cercare sinonimi e iponimi del mare, sinonimi di blu e una similitudine per arricchire l’espressione. Sette o otto le proposte, di qualità e originalità diversa. Ho assegnato a M.V.C. il compito di segnare sul foglio le varie proposte che sarebbero state poi messe ai voti fra i compagni, in modo da accogliere nella poesia in fieri  solo la frase che più ci convinceva.
Risultato: “ le onde azzurre come gli occhi del cielo”, su idea di A. F., un alunno solitamente timido, con qualche difficoltà nella lettura, che, di fatto, si sarebbe rivelato il poeta preferito dai compagni, capace di originalità e chiarezza oltre che di una propensione all’astratto (es. “l’immenso”, “profumo di libertà”).
Nella votazione il parere dell’insegnante era dato alla fine, per non influenzare la classe, e valeva doppio essendo un punto di vista “esperto”. In fase di proposta però, mi riservavo anche di scartare quelle frasi scorrette sintatticamente o logicamente (es. la salsedine che vola fino alle nuvole) e di proporre cambiamenti nella scelta di un lemma se questo era stato già usato in un verso precedente. Indicazione, quest’ultima, che è stata immediatamente fatta propria dagli alunni i quali, da un certo momento in poi, autonomamente riuscivano a correggere i compagni in presenza di una ripetizione. L’esercizio è stato una buona palestra per mettere in funzione il vocabolario passivo, per tirare fuori dalla mente parole troppo pigre e perciò poco utilizzate.
Verso dopo verso, votazione dopo votazione è nato “Mare Nostrum”, il nome che A. F. ha proposto come alternativa al più prosaico “Il mare secondo la I F”, spiazzando tutti, me per prima. Il titolo, che non tutti gli alunni comprendevano, è stato poi spiegato dallo stesso compagno e quindi accettato dalla maggioranza. Nonostante alcune ridondanze concettuali e la ripetizione senza variazioni dello schema “sostantivo + relativa”, l’esito complessivo può ritenersi più buono. Votare le proposte dei singoli alunni ha introdotto una pratica democratica in un contesto inconsueto e ha spinto ogni alunno a sforzarsi di migliorare la proposta in modo da farla risultare vincente.
In futuro, si lavorerà sulla variazione dello schema poetico di partenza. Si cercherà una poesia con una struttura più complessa da smontare e rimontare. Perché se è vero che per scrivere ci vuole l’ispirazione, è ancor più vero che la Musa ci fa marameo se non sappiamo giocare con le parole, se non sappiamo dove pescarle, come selezionarle, incastrarle, scomporle, amplificarle, smorzarle, variarle, strizzarle… amarle.
Maggio era maturo e da più parti si cominciava a sentire un impellente bisogno d'estate

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