La Scolastica vi racconta un'esperienza didattica positiva: le piacerebbe poterla confrontare con altre simili.
Il diario di bordo: raccontare le esperienze e dare senso al proprio vissuto |
Nella
lunga introduzione delle più recenti Indicazioni Nazionali per il Primo Ciclo di studi si legge: “È
importante valorizzare simbolicamente i momenti di passaggio che segnano le
tappe principali di apprendimento e di crescita di ogni studente”.
Un
momento di passaggio per eccellenza è l’inizio di un nuovo corso di studi.
L’ingresso nella scuola secondaria è accompagnato da sentimenti contrastanti:
nostalgia e impazienza, entusiasmo e paura. C’è la voglia di abbracciare il
nuovo e di crescere in fretta, ma anche un forte attaccamento ai vecchi
compagni che non si vorrebbe perdere di vista ma che, di fatto, si avviano a
percorrere strade differenti. Con un piede ancora nell’infanzia e uno proteso
verso una inquieta pre-adolescenza: così si presentano gli alunni alle soglie
di quella che un tempo si chiamava prima media.
Voglio
qui condividere un’esperienza didattica assai positiva e stimolante organizzata
nella mia scuola, l’I. C. Aosta di Martina Franca (TA).
Allo
scopo di celebrare e accompagnare l’inizio di un nuovo corso di studi è nata
l’Unità di Apprendimento sull’Accoglienza: un insieme di attività che ha
coinvolto, nelle prime settimane dell’anno, tutti i docenti di tutte le
discipline con lo scopo di favorire l’inserimento dei ragazzi di prima nel
nuovo contesto scolastico. Si è cercato di condurre gli alunni alla scoperta
della scuola, dei compagni, dei docenti favorendo il superamento di quelle
ansie e di quelle paure che molti manifestavano.
Scriveva M.V.C. di I F, per
esempio: “Il mio primo giorno di scuola è
stato caratterizzato dal terrore! E anche se c’era il sole e faceva caldo, le
mie mani e i miei piedi erano freddi. Pensavo ai miei nuovi professori e alla
mia nuova classe: mi sarebbero piaciuti? Sarei potuta scappare e tornare a
casa? Fortunatamente è andato tutto bene perché i professori sono buoni e
pazienti e piuttosto giovani. I miei amici di classe sono simpatici e
tranquilli e la Dirigente …sorride!!
Tutte le mie paure sono sparite e trasformate in felicità!!”
Tali
attività hanno permesso la realizzazione di un prodotto finale, un diario di bordo, che è stato presentato
nel corso dell’Open Day da alcuni di quegli stessi alunni che lo avevano
realizzato. Il diario di bordo ha raccolto le testimonianze di tutte le esperienze
vissute dagli studenti nei primi giorni di scuola. Sono stati mescolati diversi approcci, in modo
da favorire i diversi stili cognitivi e stimolare le
“intelligenze multiple” senza privilegiare, come si fa in un modello didattico
tradizionale, solo quella logico-verbale.
Le
fotografie scattate hanno arricchito sia il diario sia i cartelloni esposti in tutte le prime classi e nei corridoi, costituendo un vero e proprio reportage della vita scolastica nelle prime due settimane, oggi a disposizione
dell’archivio scolastico. In particolare, le fotografie hanno rappresentato,
non solo una puntuale testimonianza delle attività, ma anche la prova immediata
dei cambiamenti occorsi nei ragazzi, mese dopo mese, con la loro naturale crescita: di quei
bambini spaesati e un po’ goffi, impegnati a scrutarci con gli occhi sgranati e gli astucci che scoppiavano di penne colorate restavano, a fine anno, soltanto quelle
immagini attaccate al muro, di fatto, però, in
aula con noi docenti, già facevano capolino stuoli di quasi-adolescenti, perfetti padroni
della vita di classe.
Fra le
tre forme possibili di diario di bordo (cartellone su cui appuntare impressioni e sentimenti confusamente, presentazione in
Power Point e quaderno creativo) per i miei studenti ho scelto il quaderno
perché avrebbe permesso agli alunni di iniziare a familiarizzare con la
scrittura autobiografica, senza rinunciare alla creatività. Immaginavo,
infatti, un quaderno colorato, pieno di disegni e decorazioni, che
rappresentasse l’anima, il carattere della classe.
Il
racconto di sé e del proprio vissuto rappresenta un momento altamente formativo, perché spinge gli alunni a riflettere sulle proprie esperienze, a prendere
coscienza dei sentimenti e a cercare parole adeguate per comunicarli. Cercare e
dare un senso a ciò che si fa non è solo l’obiettivo principe di una simile proposta
didattica, ma dell’intero percorso educativo.
Il
quaderno prodotto racconta con immagini, disegni e brevi testi parte
delle attività di accoglienza. E somiglia
straordinariamente alla mia classe. È colorato, un po’ disordinato, decisamente
allegro, molto pop nelle sue scelte grafiche.
Sin da subito, infatti, è emerso che ai 20 alunni con cui avrei lottato
quotidianamente per otto ore settimanali piacevano i colori, senza particolare
scrupolo nell’abbinamento, i disegni caotici, gli smile che hanno letteralmente
invaso la copertina del quaderno, in luogo dei fiorellini e delle volute in tonalità
pastello che io mi immaginavo.
L’aspetto
definitivo del diario ricorda i murales pieni di figure e scritte che si vedono
nelle grandi città: per capirci qualcosa bisogna essere nella testa di ciascuno
dei disegnatori che lo hanno realizzato. A qualcuno potrebbe sembrare un grande
pasticcio, secondo noi, invece, è indiscutibilmente un capolavoro. Lo è perché
riflette la fantasia senza briglie degli studenti, il loro impegno, la
collaborazione, il senso di appartenenza alla classe e alla scuola in cui sono
stati accolti.
Per
ciascuna delle attività svolte in classe e all’aperto, gli alunni hanno
scritto, sui loro quaderni personali, piccole cronache, pagine di diario. Hanno
scattato e incollato delle fotografie. Qualcuno ha disegnato i momenti più
belli. Alla fine, c’era così tanto materiale che non sapevamo come esporlo. Il
quaderno creativo è stato necessariamente un riassunto, un “concentrato” delle
esperienze realizzate. Tutti gli alunni vi hanno contribuito lasciando un
piccolo segno di sé. Se poteste sfogliarlo, vedreste le loro differenti grafie, piccoli reperti
raccolti qui e là, disegni belli e brutti e…fili di lana! L’origine di
quest’ultimo elemento, insolito all’apparenza, è da ricercarsi in un gioco che
ha coinvolto i ragazzi il primo giorno, allo scopo di catalizzare la loro
reciproca conoscenza.
Gli
alunni, lanciandosi reciprocamente il gomitolo, dovevano presentarsi ai
compagni mantenendo un lembo di filo, alla fine si sarebbe formata una rete: la
rete dell’amicizia.
Il gioco del gomitolo: approccio ludico della prima accoglienza |
Il gioco del gomitolo.
Dall’esperienza al racconto.
Descrivo
qui di seguito le diverse fasi del gioco del gomitolo.
·
Ho
iniziato lanciando il gomitolo a S., la ragazza disabile, cui ho chiesto se le
piacesse la nuova scuola. Nonostante evidenti difficoltà di parola, la risposta
è stata affermativa e un bel sorriso la ha suggellata. Ho poi invitato la
stessa S. a lanciare il gomitolo a un altro compagno mantenendo un lembo di
filo tra le mani: la compagna di banco ha guidato S. nel lancio e le ha
spiegato il compito. Il gomitolo è stato lanciato a una ragazza della fila
posteriore cui S. ha chiesto se le volesse bene. Risposta affermativa,
suggellata da sorriso e carezza. Ho reputato importante far partire la rete da
S. e coinvolgerla nella stessa attività dei compagni, in modo da superare le
diffidenze che nuova scuola e nuovi compagni avrebbero potuto suscitare in lei.
Lancio dopo lancio, presentazione dopo presentazione, si è formata una rete
intricatissima.
·
Quando
tutti hanno avuto in mano un pezzo del filo rosso ho richiamato la loro
attenzione sull’intreccio creatosi, insistendo sulla metafora della rete dei
rapporti umani.
·
Ogni
alunno aveva il compito di memorizzare quale fosse il compagno da cui aveva
ricevuto il filo e quale quello a cui lo avesse lanciato. Così è stato
possibile riprodurre la medesima rete in un cartellone su cui sono stati
disegnati dei cerchi con i nomi di tutti i membri della classe, comprese le due
professoresse coinvolte nella rete e nel gioco di domanda e risposta. Lo stesso
filo che poco prima aveva unito i polsi degli alunni, da quel momento in poi
avrebbe unito i cerchi rossi che riproducevano un modello stilizzato di I F.
·
A
casa, gli alunni hanno raccontato in pagine di diario l’esperienza vissuta in
classe. Il giorno seguente è stata data lettura di tutti gli elaborati ed è
emerso che gli studenti avevano tratteggiato con occhi e sensibilità diverse la
medesima attività. Ho raccolto i passaggi più belli dei racconti di ciascuno e
li ho disposti sul diario di bordo, a mo’ di collage.
È stato emozionante vedere la rete nel suo progressivo
costituirsi. Sembrava quasi di poter toccare con mano una metafora, vederla
dipanarsi nella sua concretezza. L’entusiasmo degli alunni era contagioso e la
sensazione che si provava era davvero quella di chi si fa spettatore di nuovi
legami in costruzione. Una sorta di cantiere delle relazioni, all’opera. Ancor
più bello è stato analizzare a freddo l’esperienza, ascoltando le piccole
cronache elaborate dagli alunni.
“Secondo
me questa rete dell’amicizia è stata un trucco per conoscerci meglio, anche
perché staremo insieme i tre anni delle scuole medie. La giornata è stata
favolosa e vorrei riviverla.” scrive A.M. “Mi sono divertita tanto perché ho avuto modo di conoscere alcune cose
dei miei nuovi compagni e della professoressa. Spero di trovarmi bene con loro”
F.S. “Dovevamo fare una domanda a un
amico lanciandogli il gomitolo. Io ho risposto alla domanda di Angelica che mi
ha chiesto chi fosse la mia professoressa preferita e io ho risposto che è la N.
Successivamente ho domandato a Francesca quale fosse la sua materia preferita e
lei ha detto che è il francese” scrive P.S.
L’attività è perfettamente riuscita. La veste ludica ha
stimolato la partecipazione di tutti. Sebbene domande e risposte fossero spesso
ripetitive e non approfondite, di fatto, mi è stato possibile intravedere un
quadro d’insieme degli alunni, scorgere atteggiamenti, comportamenti - i più
timidi, i più spavaldi- individuare gli alunni con una maggiore proprietà di
linguaggio, quelli più originali, quelli più razionali. Gli aspetti che
maggiormente hanno suscitato curiosità da parte dei compagni riguardavano la
sfera del presente (cosa ti piace, qual è la tua materia preferita, quali sono
i tuoi hobby ecc). Nelle domande scambiatisi reciprocamente si evidenziava la
totale mancanza di interesse nei confronti del passato. Nel complesso, non si
sono registrati comportamenti di disturbo, il livello di attenzione è sempre
stato alto, così come l’interesse autentico nei confronti dei compagni: lo
attestavano le diverse richieste di chiarimento o precisazione che erano
rivolte, ogni tanto, a seguito della presentazione incompleta o piuttosto
confusa di qualcuno.
Ricordi d’estate:
l’ascolto di una canzone
“Caro diario, Venerdì a
scuola, nell’aula multimediale, abbiamo ascoltato la canzone di Jovanotti che
si intitola “ESTATE”. Jovanotti in questa canzone descrive la sua estate, le
cose che ha fatto e le emozioni in questa stagione. Nell’ascoltarlo ho provato
emozioni non ho mai provato prima e mi sono tornate in mente tutte le cose
belle che ho fatto qualche mese fa. Appena tornato a casa, ho provato una certa
nostalgia perché dovevo aspettare un altro anno per tuffarmi di nuovo nel
mare!” così scrive A.
S., un alunno che durante l’attività di ascolto aveva cantato a squarciagola,
incurante della timidezza che di solito lo contraddistingue.
"Sento il mare dentro una conchiglia, estate...l'eternità è un battito di ciglia" Estate, Jovanotti |
L’attività di ascolto è stata seguita da un test molto agile il cui scopo era
spingere gli alunni a interrogarsi sul significato della canzone, guidandoli
alla scoperta e all’interpretazione delle numerose metafore presenti. Si è
potuto notare che molti di loro tendevano a sovrapporre al testo della canzone
i propri sentimenti e le proprie considerazioni sull’estate, non sempre
rispettando l’intento dell’autore. In ogni caso, proprio i fraintendimenti
dimostravano che l’attività proposta intersecava il loro vissuto, toccava il
loro bagaglio emozionale e perciò serviva come stimolo alla riflessione sui
ricordi dell’estate appena trascorsa. La ricostruzione e la rielaborazione del
passato è avvenuta attraverso la raccolta di oggetti che testimoniavano le loro
vacanze: conchiglie, fotografie, foglie, braccialetti di stoffa di quelli che
si comprano in spiaggia, cartoline… È stato un primo approccio alla storia,
all’uso consapevole delle fonti per la ricostruzione del passato. Sul diario di
bordo sono confluiti alcuni di questi oggetti. Il testo della canzone è stato
figurato attraverso immagini disegnate o incollate, rappresentative dei
concetti-chiave individuati nel testo.
L’escursione in masseria
“Il giorno 9/10/2013 io, con la mia classe, sono andata a visitare la Masseria Galeone ,
appartenente al corpo forestale. Ci ha accompagnato una guardia forestale che
ci ha insegnato come si sta a cavallo, come si galoppa e come si marcia.” A. M. “ Si tratta di un enorme casolare risalente al diciottesimo secolo, è
una costruzione antica però ben tenuta. Mi ha colpito moltissimo il tetto
costruito con pietre grigie e il fantastico prato inglese” E. L. “Marciando, marciando finalmente arriviamo ai
cavalli ed io ero strafelice perché in vita mia non avevo mai visto un cavallo
così da vicino e così bello! Erano neri e lucidi!” M.V.C. “Dopo la colazione siamo andati nelle
scuderie con tanti cavalli che si agitavano e battevano i piedi” S. L. “Infine un’altra cosa bellissima: il signore
ci ha fatto un regalo. Siamo andati sull’erba e abbiamo respirato facendo
entrare nei polmoni l’aria pura da portare nella città inquinata dalle auto” M.F.
“E’ stato interessante misurare la
circonferenza di un fragno [grande quercia], ma avrei preferito qualcosa di più divertente come per esempio una
gita al mare. Ora ti saluto, ci vediamo presto!”
Masseria Galeone, patrimonio del Corpo Forestale dello Stato Martina Franca (TA) |
Con questo collage di considerazioni estrapolate dal diario
di bordo, si presenta l’escursione all’aperto organizzata in conclusione
all’U.A. sull’accoglienza. Un’immersione nella flora e nella fauna del nostro
territorio e al contempo un’occasione unica per cementare le nuove amicizie, le
relazioni ancora in boccio. I commenti entusiasti di quasi tutti gli alunni
esprimono bene l’indice di gradimento della giornata, immortalata dalle
fotografie scattate e raccolte sia sul diario di bordo sia su cartelloni.
La presentazione
del diario di bordo all’Open Day.
Nel corso di una delle tre giornate previste per l’Open Day,
sei alunni hanno presentato il diario di bordo ai genitori dei futuri iscritti
in visita alla scuola. La relazione era divisa in sei parti, una per ciascun
alunno. Si trattava di una sorta di canovaccio che gli alunni dovevano tenere
presente, senza tuttavia imparare le battute a memoria, in modo da non creare
l’effetto innaturale di cantilene e “pappardelle”. Benché fossero alla loro
prima esperienza di esposizione in pubblico e nonostante la timidezza degli
esordi, alla fine si sono dimostrati tutti e sei dei perfetti ciceroni, che
aspettavano con ansia l’arrivo di nuovi gruppi di genitori, cui mostrare con
malcelato orgoglio il proprio lavoro. Circa un’ora è stata dedicata alla cura
della performance, con attenzione alla postura, alla mimica e al tono della
voce.
Tale degna conclusione ha sancito ai miei occhi il
raggiungimento della prima importante tappa nel lento processo di maturazione
di quelle competenze sociali e civiche a cui le attività di accoglienza hanno
dato la stura, contribuendo a perfezionare la comunicazione adattandola ai
diversi contesti.
Un bilancio sulle
attività di accoglienza
Il racconto è il veicolo privilegiato attraverso cui si attua
l’educazione. Di generazione, in generazione sono stati trasmessi valori,
codici, informazioni, tutto ciò che la collettività riteneva fondamentale
conservare. La narrazione è, dunque, una straordinaria risorsa pedagogica. In
particolare, la scrittura autobiografica si presenta come uno strumento adatto
alla esplicitazione e alla costruzione del proprio Sé, perché spinge
l’individuo a dare senso al proprio vissuto, ad interpretarlo, a migliorare il
proprio rapporto col mondo misterioso della propria interiorità. Per questo il
diario di bordo è stato una grande risorsa nella sfida dell’autoformazione[1].
Complessivamente non sono stati individuati elementi
negativi, se non la differente qualità degli elaborati e dei contributi,
valutati attraverso il monitoraggio in itinere e l’analisi dei singoli
componimenti scritti. Le attività di accoglienza nel loro insieme hanno
contribuito a una educazione globale, una educazione alla relazione e al saper
essere. Il diario ha guidato gli alunni a scavare nel profondo scoprendo le proprie
paure, le incertezze, i bisogni e indicando assai spesso sentieri insperati di
crescita e superamento dei limiti.
L'autobiografia: l'ora delle storie
La prassi del racconto di sé è continuata durante l’anno. Ho
dedicato ad essa l’ora di approfondimento di Italiano. Gli studenti hanno avuto
modo di raccontare aneddoti, sogni, paure, esperienze dolorose, successi, prove
superate, di esprimere i sentimenti provati in alcuni momenti importanti
dell’anno scolastico, di parlare dei propri affetti, di affrontare temi
importanti a partire dal proprio vissuto (il bullismo, la pervasività delle
tecnologie, il conformismo, l’anticonformismo e la devianza).
Conclusioni (provvisorie)
Il progetto
di scrittura autobiografica si è concluso il penultimo venerdì di maggio con la
compilazione e la raccolta delle schede di gradimento da parte degli studenti.
Tutti gli alunni dichiarano di essere stati sorpresi dall’attività svolta e di
averla gradita moltissimo perché: “ci ha permesso di parlare di noi stessi e di
scoprire le nostre emozioni”, solo uno studente dichiara di averla trovata
difficile perché “si scrive troppo” preferendo di fatto i momenti di racconto
orale. Il 60% afferma di aver trovato nell’insegnate un supporto, un aiuto a
esprimere correttamente le proprie emozioni; il 20% dice di non esser riuscito
a raccontare quanto avrebbe voluto, il 7% dichiara di non aver trovato alcuna
difficoltà nel parlare di sé, gli altri non rispondono.
L’ora dedicata alla scrittura autobiografica è
stata indispensabile, perché ha permesso all’insegnante di lavorare su due
fronti: l’espressione di sé e l’ascolto degli altri, aspetto quest’ultimo che
si è rivelato assai complesso. Raccontare, cioè costruire la propria storia, ha
trasformato l’alunno in soggetto, in attore protagonista del percorso da
esplorare. Ascoltare le “storie” degli altri, invece, non sempre è stato facile
per tutti. Un forte egocentrismo spingeva i più a richiedere attenzione solo su
loro stessi, di fatto ignorando quanto gli altri avessero da raccontare: alcuni
ragazzi sono stati richiamati spesso perché non rispettavano i turni di parola
o si distraevano quando gli altri leggevano i propri lavori. Gradualmente questo
difetto è stato limitato, attraverso veri e propri esercizi di ascolto che
spingevano tutti gli alunni a ri-raccontare le storie dei compagni o a
riutilizzarle variamente. La valutazione degli elaborati di volta in volta
prodotti ha dimostrato un arricchimento del lessico delle relazioni e dei
sentimenti e una capacità sempre
crescente di mettersi in gioco con sincerità.
Col tempo sono stati limitati i
luoghi comuni e le espressioni gergali ricorrenti, indice di una superficiale
capacità di riflettere sui diversi episodi della vita, e si è evidenziata una
più originale “lingua del cuore” che ha toccato i diversi aspetti della propria
quotidianità. Molti temi sono stati affrontati in una veste, a volte ludica, a
volte seria, a volte “scolastica” È stata sempre rispettata la volontà di
alcuni alunni di non leggere davanti all’intera classe alcuni elaborati o certe
pagine di diario.
In due momenti distinti dell’anno gli alunni hanno lavorato
con una psicologa che ha catalizzato il processo di analisi dei sentimenti e
delle relazioni tra i diversi membri della classe contribuendo a rafforzare il
concetto di gruppo e a migliorare la collaborazione. Tale attività ha avuto un
portato significativo anche nell’ora di scrittura e di racconto di sé, perché
ha contribuito al superamento di quel narcisismo che, all’inizio, rendeva
ciascuno studente piuttosto disinteressato nei confronti dei compagni.
[1]D.
Demetrio E. Biffi, Narrazione in Voci
della Scuola. Le parole chiave della scuola che cambia X
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