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Nottola di Minerva o gufo anti-sfiga? La Scolastica, nel suo bagaglio, se li porta entrambi.

domenica 22 giugno 2014

Il diario di bordo: dall'accoglienza alla scrittura autobiografica

La Scolastica vi racconta un'esperienza didattica positiva: le piacerebbe poterla confrontare con altre simili.
Il diario di bordo: raccontare le esperienze e dare senso al proprio vissuto


Nella lunga introduzione delle più recenti Indicazioni Nazionali per il Primo Ciclo di studi si legge: “È importante valorizzare simbolicamente i momenti di passaggio che segnano le tappe principali di apprendimento e di crescita di ogni studente”.
Un momento di passaggio per eccellenza è l’inizio di un nuovo corso di studi. L’ingresso nella scuola secondaria è accompagnato da sentimenti contrastanti: nostalgia e impazienza, entusiasmo e paura. C’è la voglia di abbracciare il nuovo e di crescere in fretta, ma anche un forte attaccamento ai vecchi compagni che non si vorrebbe perdere di vista ma che, di fatto, si avviano a percorrere strade differenti. Con un piede ancora nell’infanzia e uno proteso verso una inquieta pre-adolescenza: così si presentano gli alunni alle soglie di quella che un tempo si chiamava prima media. 

Voglio qui condividere un’esperienza didattica assai positiva e stimolante organizzata nella mia scuola, l’I. C. Aosta di Martina Franca (TA). 

Allo scopo di celebrare e accompagnare l’inizio di un nuovo corso di studi è nata l’Unità di Apprendimento sull’Accoglienza: un insieme di attività che ha coinvolto, nelle prime settimane dell’anno, tutti i docenti di tutte le discipline con lo scopo di favorire l’inserimento dei ragazzi di prima nel nuovo contesto scolastico. Si è cercato di condurre gli alunni alla scoperta della scuola, dei compagni, dei docenti favorendo il superamento di quelle ansie e di quelle paure che molti manifestavano. 
Scriveva M.V.C. di I F, per esempio: “Il mio primo giorno di scuola è stato caratterizzato dal terrore! E anche se c’era il sole e faceva caldo, le mie mani e i miei piedi erano freddi. Pensavo ai miei nuovi professori e alla mia nuova classe: mi sarebbero piaciuti? Sarei potuta scappare e tornare a casa? Fortunatamente è andato tutto bene perché i professori sono buoni e pazienti e piuttosto giovani. I miei amici di classe sono simpatici e tranquilli e la Dirigente…sorride!! Tutte le mie paure sono sparite e trasformate in felicità!!”
Tali attività hanno permesso la realizzazione di un prodotto finale, un diario di bordo, che è stato presentato nel corso dell’Open Day da alcuni di quegli stessi alunni che lo avevano realizzato. Il diario di bordo ha raccolto le testimonianze di tutte le esperienze vissute dagli studenti nei primi giorni di scuola.  Sono stati mescolati diversi approcci, in modo da favorire i diversi stili cognitivi e stimolare le “intelligenze multiple” senza privilegiare, come si fa in un modello didattico tradizionale, solo quella logico-verbale.

Le fotografie scattate hanno arricchito sia il diario sia i cartelloni esposti in tutte le prime classi e nei corridoi, costituendo un vero e proprio reportage della vita scolastica nelle prime due settimane, oggi a disposizione dell’archivio scolastico. In particolare, le fotografie hanno rappresentato, non solo una puntuale testimonianza delle attività, ma anche la prova immediata dei cambiamenti occorsi nei ragazzi, mese dopo mese, con la loro naturale crescita: di quei bambini spaesati e un po’ goffi, impegnati a scrutarci con gli occhi sgranati e gli astucci che scoppiavano di penne colorate restavano, a fine anno, soltanto quelle immagini attaccate al muro, di fatto, però, in aula con noi docenti, già facevano capolino stuoli di quasi-adolescenti, perfetti padroni della vita di classe.
Fra le tre forme possibili di diario di bordo (cartellone su cui appuntare impressioni e sentimenti confusamente, presentazione in Power Point e quaderno creativo) per i miei studenti ho scelto il quaderno perché avrebbe permesso agli alunni di iniziare a familiarizzare con la scrittura autobiografica, senza rinunciare alla creatività. Immaginavo, infatti, un quaderno colorato, pieno di disegni e decorazioni, che rappresentasse l’anima, il carattere della classe.
Il racconto di sé e del proprio vissuto rappresenta un momento altamente formativo, perché spinge gli alunni a riflettere sulle proprie esperienze, a prendere coscienza dei sentimenti e a cercare parole adeguate per comunicarli. Cercare e dare un senso a ciò che si fa non è solo l’obiettivo principe di una simile proposta didattica, ma dell’intero percorso educativo.

Il quaderno prodotto racconta con immagini, disegni e brevi testi parte delle attività di accoglienza. E somiglia straordinariamente alla mia classe. È colorato, un po’ disordinato, decisamente allegro, molto pop nelle sue scelte grafiche. Sin da subito, infatti, è emerso che ai 20 alunni con cui avrei lottato quotidianamente per otto ore settimanali piacevano i colori, senza particolare scrupolo nell’abbinamento, i disegni caotici, gli smile che hanno letteralmente invaso la copertina del quaderno, in luogo dei fiorellini e delle volute in tonalità pastello che io mi immaginavo.
L’aspetto definitivo del diario ricorda i murales pieni di figure e scritte che si vedono nelle grandi città: per capirci qualcosa bisogna essere nella testa di ciascuno dei disegnatori che lo hanno realizzato. A qualcuno potrebbe sembrare un grande pasticcio, secondo noi, invece, è indiscutibilmente un capolavoro. Lo è perché riflette la fantasia senza briglie degli studenti, il loro impegno, la collaborazione, il senso di appartenenza alla classe e alla scuola in cui sono stati accolti.
Per ciascuna delle attività svolte in classe e all’aperto, gli alunni hanno scritto, sui loro quaderni personali, piccole cronache, pagine di diario. Hanno scattato e incollato delle fotografie. Qualcuno ha disegnato i momenti più belli. Alla fine, c’era così tanto materiale che non sapevamo come esporlo. Il quaderno creativo è stato necessariamente un riassunto, un “concentrato” delle esperienze realizzate. Tutti gli alunni vi hanno contribuito lasciando un piccolo segno di sé. Se poteste sfogliarlo, vedreste  le loro differenti grafie, piccoli reperti raccolti qui e là, disegni belli e brutti e…fili di lana! L’origine di quest’ultimo elemento, insolito all’apparenza, è da ricercarsi in un gioco che ha coinvolto i ragazzi il primo giorno, allo scopo di catalizzare la loro reciproca conoscenza.
Gli alunni, lanciandosi reciprocamente il gomitolo, dovevano presentarsi ai compagni mantenendo un lembo di filo, alla fine si sarebbe formata una rete: la rete dell’amicizia.

Il gioco del gomitolo: approccio ludico della prima accoglienza

 Il gioco del gomitolo. Dall’esperienza al racconto.
Descrivo qui di seguito le diverse fasi del gioco del gomitolo.
·        Ho iniziato lanciando il gomitolo a S., la ragazza disabile, cui ho chiesto se le piacesse la nuova scuola. Nonostante evidenti difficoltà di parola, la risposta è stata affermativa e un bel sorriso la ha suggellata. Ho poi invitato la stessa S. a lanciare il gomitolo a un altro compagno mantenendo un lembo di filo tra le mani: la compagna di banco ha guidato S. nel lancio e le ha spiegato il compito. Il gomitolo è stato lanciato a una ragazza della fila posteriore cui S. ha chiesto se le volesse bene. Risposta affermativa, suggellata da sorriso e carezza. Ho reputato importante far partire la rete da S. e coinvolgerla nella stessa attività dei compagni, in modo da superare le diffidenze che nuova scuola e nuovi compagni avrebbero potuto suscitare in lei. Lancio dopo lancio, presentazione dopo presentazione, si è formata una rete intricatissima.
·        Quando tutti hanno avuto in mano un pezzo del filo rosso ho richiamato la loro attenzione sull’intreccio creatosi, insistendo sulla metafora della rete dei rapporti umani.
·        Ogni alunno aveva il compito di memorizzare quale fosse il compagno da cui aveva ricevuto il filo e quale quello a cui lo avesse lanciato. Così è stato possibile riprodurre la medesima rete in un cartellone su cui sono stati disegnati dei cerchi con i nomi di tutti i membri della classe, comprese le due professoresse coinvolte nella rete e nel gioco di domanda e risposta. Lo stesso filo che poco prima aveva unito i polsi degli alunni, da quel momento in poi avrebbe unito i cerchi rossi che riproducevano un modello stilizzato di I F.
·        A casa, gli alunni hanno raccontato in pagine di diario l’esperienza vissuta in classe. Il giorno seguente è stata data lettura di tutti gli elaborati ed è emerso che gli studenti avevano tratteggiato con occhi e sensibilità diverse la medesima attività. Ho raccolto i passaggi più belli dei racconti di ciascuno e li ho disposti sul diario di bordo, a mo’ di collage.
È stato emozionante vedere la rete nel suo progressivo costituirsi. Sembrava quasi di poter toccare con mano una metafora, vederla dipanarsi nella sua concretezza. L’entusiasmo degli alunni era contagioso e la sensazione che si provava era davvero quella di chi si fa spettatore di nuovi legami in costruzione. Una sorta di cantiere delle relazioni, all’opera. Ancor più bello è stato analizzare a freddo l’esperienza, ascoltando le piccole cronache elaborate dagli alunni. 

Secondo me questa rete dell’amicizia è stata un trucco per conoscerci meglio, anche perché staremo insieme i tre anni delle scuole medie. La giornata è stata favolosa e vorrei riviverla.” scrive A.M. “Mi sono divertita tanto perché ho avuto modo di conoscere alcune cose dei miei nuovi compagni e della professoressa. Spero di trovarmi bene con loro” F.S. “Dovevamo fare una domanda a un amico lanciandogli il gomitolo. Io ho risposto alla domanda di Angelica che mi ha chiesto chi fosse la mia professoressa preferita e io ho risposto che è la N. Successivamente ho domandato a Francesca quale fosse la sua materia preferita e lei ha detto che è il francese” scrive P.S.

L’attività è perfettamente riuscita. La veste ludica ha stimolato la partecipazione di tutti. Sebbene domande e risposte fossero spesso ripetitive e non approfondite, di fatto, mi è stato possibile intravedere un quadro d’insieme degli alunni, scorgere atteggiamenti, comportamenti - i più timidi, i più spavaldi- individuare gli alunni con una maggiore proprietà di linguaggio, quelli più originali, quelli più razionali. Gli aspetti che maggiormente hanno suscitato curiosità da parte dei compagni riguardavano la sfera del presente (cosa ti piace, qual è la tua materia preferita, quali sono i tuoi hobby ecc). Nelle domande scambiatisi reciprocamente si evidenziava la totale mancanza di interesse nei confronti del passato. Nel complesso, non si sono registrati comportamenti di disturbo, il livello di attenzione è sempre stato alto, così come l’interesse autentico nei confronti dei compagni: lo attestavano le diverse richieste di chiarimento o precisazione che erano rivolte, ogni tanto, a seguito della presentazione incompleta o piuttosto confusa di qualcuno.

Ricordi d’estate: l’ascolto di una canzone
“Caro diario, Venerdì a scuola, nell’aula multimediale, abbiamo ascoltato la canzone di Jovanotti che si intitola “ESTATE”. Jovanotti in questa canzone descrive la sua estate, le cose che ha fatto e le emozioni in questa stagione. Nell’ascoltarlo ho provato emozioni non ho mai provato prima e mi sono tornate in mente tutte le cose belle che ho fatto qualche mese fa. Appena tornato a casa, ho provato una certa nostalgia perché dovevo aspettare un altro anno per tuffarmi di nuovo nel mare!” così scrive A. S., un alunno che durante l’attività di ascolto aveva cantato a squarciagola, incurante della timidezza che di solito lo contraddistingue.
"Sento il mare dentro una conchiglia, estate...l'eternità è un battito di ciglia" Estate, Jovanotti

L’attività di ascolto è stata seguita da un test molto agile il cui scopo era spingere gli alunni a interrogarsi sul significato della canzone, guidandoli alla scoperta e all’interpretazione delle numerose metafore presenti. Si è potuto notare che molti di loro tendevano a sovrapporre al testo della canzone i propri sentimenti e le proprie considerazioni sull’estate, non sempre rispettando l’intento dell’autore. In ogni caso, proprio i fraintendimenti dimostravano che l’attività proposta intersecava il loro vissuto, toccava il loro bagaglio emozionale e perciò serviva come stimolo alla riflessione sui ricordi dell’estate appena trascorsa. La ricostruzione e la rielaborazione del passato è avvenuta attraverso la raccolta di oggetti che testimoniavano le loro vacanze: conchiglie, fotografie, foglie, braccialetti di stoffa di quelli che si comprano in spiaggia, cartoline… È stato un primo approccio alla storia, all’uso consapevole delle fonti per la ricostruzione del passato. Sul diario di bordo sono confluiti alcuni di questi oggetti. Il testo della canzone è stato figurato attraverso immagini disegnate o incollate, rappresentative dei concetti-chiave individuati nel testo.

L’escursione in masseria
Il giorno 9/10/2013 io, con la mia classe, sono andata a visitare la Masseria Galeone, appartenente al corpo forestale. Ci ha accompagnato una guardia forestale che ci ha insegnato come si sta a cavallo, come si galoppa e come si marcia.” A. M. “ Si tratta di un enorme casolare risalente al diciottesimo secolo, è una costruzione antica però ben tenuta. Mi ha colpito moltissimo il tetto costruito con pietre grigie e il fantastico prato inglese” E. L. “Marciando, marciando finalmente arriviamo ai cavalli ed io ero strafelice perché in vita mia non avevo mai visto un cavallo così da vicino e così bello! Erano neri e lucidi!” M.V.C. “Dopo la colazione siamo andati nelle scuderie con tanti cavalli che si agitavano e battevano i piedi” S. L. “Infine un’altra cosa bellissima: il signore ci ha fatto un regalo. Siamo andati sull’erba e abbiamo respirato facendo entrare nei polmoni l’aria pura da portare nella città inquinata dalle auto” M.F. “E’ stato interessante misurare la circonferenza di un fragno [grande quercia], ma avrei preferito qualcosa di più divertente come per esempio una gita al mare. Ora ti saluto, ci vediamo presto!”

Masseria Galeone, patrimonio del Corpo Forestale dello Stato
Martina Franca (TA)

Con questo collage di considerazioni estrapolate dal diario di bordo, si presenta l’escursione all’aperto organizzata in conclusione all’U.A. sull’accoglienza. Un’immersione nella flora e nella fauna del nostro territorio e al contempo un’occasione unica per cementare le nuove amicizie, le relazioni ancora in boccio. I commenti entusiasti di quasi tutti gli alunni esprimono bene l’indice di gradimento della giornata, immortalata dalle fotografie scattate e raccolte sia sul diario di bordo sia su cartelloni.

 La presentazione del diario di bordo all’Open Day.
Nel corso di una delle tre giornate previste per l’Open Day, sei alunni hanno presentato il diario di bordo ai genitori dei futuri iscritti in visita alla scuola. La relazione era divisa in sei parti, una per ciascun alunno. Si trattava di una sorta di canovaccio che gli alunni dovevano tenere presente, senza tuttavia imparare le battute a memoria, in modo da non creare l’effetto innaturale di cantilene e “pappardelle”. Benché fossero alla loro prima esperienza di esposizione in pubblico e nonostante la timidezza degli esordi, alla fine si sono dimostrati tutti e sei dei perfetti ciceroni, che aspettavano con ansia l’arrivo di nuovi gruppi di genitori, cui mostrare con malcelato orgoglio il proprio lavoro. Circa un’ora è stata dedicata alla cura della performance, con attenzione alla postura, alla mimica e al tono della voce.
Tale degna conclusione ha sancito ai miei occhi il raggiungimento della prima importante tappa nel lento processo di maturazione di quelle competenze sociali e civiche a cui le attività di accoglienza hanno dato la stura, contribuendo a perfezionare la comunicazione adattandola ai diversi contesti.
Un bilancio sulle attività di accoglienza
Il racconto è il veicolo privilegiato attraverso cui si attua l’educazione. Di generazione, in generazione sono stati trasmessi valori, codici, informazioni, tutto ciò che la collettività riteneva fondamentale conservare. La narrazione è, dunque, una straordinaria risorsa pedagogica. In particolare, la scrittura autobiografica si presenta come uno strumento adatto alla esplicitazione e alla costruzione del proprio Sé, perché spinge l’individuo a dare senso al proprio vissuto, ad interpretarlo, a migliorare il proprio rapporto col mondo misterioso della propria interiorità. Per questo il diario di bordo è stato una grande risorsa nella sfida dell’autoformazione[1].
Complessivamente non sono stati individuati elementi negativi, se non la differente qualità degli elaborati e dei contributi, valutati attraverso il monitoraggio in itinere e l’analisi dei singoli componimenti scritti. Le attività di accoglienza nel loro insieme hanno contribuito a una educazione globale, una educazione alla relazione e al saper essere. Il diario ha guidato gli alunni a scavare nel profondo scoprendo le proprie paure, le incertezze, i bisogni e indicando assai spesso sentieri insperati di crescita e superamento dei limiti.

L'autobiografia: l'ora delle storie
La prassi del racconto di sé è continuata durante l’anno. Ho dedicato ad essa l’ora di approfondimento di Italiano. Gli studenti hanno avuto modo di raccontare aneddoti, sogni, paure, esperienze dolorose, successi, prove superate, di esprimere i sentimenti provati in alcuni momenti importanti dell’anno scolastico, di parlare dei propri affetti, di affrontare temi importanti a partire dal proprio vissuto (il bullismo, la pervasività delle tecnologie, il conformismo, l’anticonformismo e la devianza).

Conclusioni (provvisorie)
Il progetto di scrittura autobiografica si è concluso il penultimo venerdì di maggio con la compilazione e la raccolta delle schede di gradimento da parte degli studenti. Tutti gli alunni dichiarano di essere stati sorpresi dall’attività svolta e di averla gradita moltissimo perché: “ci ha permesso di parlare di noi stessi e di scoprire le nostre emozioni”, solo uno studente dichiara di averla trovata difficile perché “si scrive troppo” preferendo di fatto i momenti di racconto orale. Il 60% afferma di aver trovato nell’insegnate un supporto, un aiuto a esprimere correttamente le proprie emozioni; il 20% dice di non esser riuscito a raccontare quanto avrebbe voluto, il 7% dichiara di non aver trovato alcuna difficoltà nel parlare di sé, gli altri non rispondono.
L’ora dedicata alla scrittura autobiografica è stata indispensabile, perché ha permesso all’insegnante di lavorare su due fronti: l’espressione di sé e l’ascolto degli altri, aspetto quest’ultimo che si è rivelato assai complesso. Raccontare, cioè costruire la propria storia, ha trasformato l’alunno in soggetto, in attore protagonista del percorso da esplorare. Ascoltare le “storie” degli altri, invece, non sempre è stato facile per tutti. Un forte egocentrismo spingeva i più a richiedere attenzione solo su loro stessi, di fatto ignorando quanto gli altri avessero da raccontare: alcuni ragazzi sono stati richiamati spesso perché non rispettavano i turni di parola o si distraevano quando gli altri leggevano i propri lavori. Gradualmente questo difetto è stato limitato, attraverso veri e propri esercizi di ascolto che spingevano tutti gli alunni a ri-raccontare le storie dei compagni o a riutilizzarle variamente. La valutazione degli elaborati di volta in volta prodotti ha dimostrato un arricchimento del lessico delle relazioni e dei sentimenti  e una capacità sempre crescente di mettersi in gioco con sincerità. 
Col tempo sono stati limitati i luoghi comuni e le espressioni gergali ricorrenti, indice di una superficiale capacità di riflettere sui diversi episodi della vita, e si è evidenziata una più originale “lingua del cuore” che ha toccato i diversi aspetti della propria quotidianità. Molti temi sono stati affrontati in una veste, a volte ludica, a volte seria, a volte “scolastica” È stata sempre rispettata la volontà di alcuni alunni di non leggere davanti all’intera classe alcuni elaborati o certe pagine di diario. 
In due momenti distinti dell’anno gli alunni hanno lavorato con una psicologa che ha catalizzato il processo di analisi dei sentimenti e delle relazioni tra i diversi membri della classe contribuendo a rafforzare il concetto di gruppo e a migliorare la collaborazione. Tale attività ha avuto un portato significativo anche nell’ora di scrittura e di racconto di sé, perché ha contribuito al superamento di quel narcisismo che, all’inizio, rendeva ciascuno studente piuttosto disinteressato nei confronti dei compagni.






[1]D. Demetrio E. Biffi, Narrazione in Voci della Scuola. Le parole chiave della scuola che cambia X

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